Mercoledì 24 Novembre 2010

Lavoro e salute

Il fenomeno dello stress lavoro correlato 

Fino a poco tempo fa lo stress legato al lavoro, in tutte le sue forme, veniva considerato come una sorta di “male necessario” e incerti casi quasi uno scotto da pagare per svolgere alcuni tipi di lavoro e di mansioni, soprattutto di livello medio-alto.
In realtà, da quando è entrato in vigore il c.d. T.U. sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/08), le cose dovrebbero essere cambiate.
Infatti, il datore di lavoro è tenuto a prendere in considerazione, tra i rischi presenti sul luogo di lavoro per la salute e la sicurezza dei lavoratori, anche quello dello stress lavoro-correlato; quindi deve inserirlo nella valutazione dei rischi e prevedere e attuare tutte le misure di prevenzione e protezione idonee ad eliminare o quanto meno ridurre questo tipo di rischio.

Ciò significa evidentemente che il datore può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni che il lavoratore dovesse riportare in conseguenza della mancata previsione e/o attuazione delle misure idonee a prevenire lo stress lavoro-correlato.
Si tratta quindi di un piccolo-grande cambiamento che potenzialmente ha una portata culturale non da poco e che potrebbe costringere molti datori di lavoro a rivedere assetti e abitudini sino ad oggi mai messi in discussione.

Solo che, mentre le aziende di medie e grandi dimensioni si sono generalmente adeguate - o almeno hanno tentato di farlo, in assenza di parametri certi in base ai quali fare la valutazione - nelle piccole imprese (che in Italia, si sa, sono la stragrande maggioranza) la situazione è ancora piuttosto in alto mare e, come si suol dire, i nodi stanno per venire al pettine.
Infatti, anche se molti sembrano non averne contezza e tra continue proroghe, sta per scadere il termine che il legislatore ha fissato per consentire ai datori di lavoro di attrezzarsi per l’adempimento in questione, termine che, inizialmente fissato nel T.U., è stato già prorogato dal c.d. Decreto Correttivo n. 106/2009 al 1° agosto del 2010 e successivamente è stato di nuovo rimandato al 31/12/2010, in virtù di un emendamento apportato in sede di conversione in legge del decreto legge n. 78 del 2010.
Come ha recentemente rilevato anche
l’Agenzia europea per la sicurezza e salute sul lavoro, quello dello stress negli ambienti di lavoro è un problema molto diffuso e dalle conseguenze piuttosto pesanti; risulta infatti che nell’Unione Europea più di un lavoratore su quattro soffre di stress legato all’attività lavorativa e che esso è tra le principali cause di problemi di salute, dell’aumento dell’assenteismo e della riduzione della produttività.
Negli ultimi anni, anche su impulso dell’Unione Europea, è maturata una maggiore consapevolezza del fenomeno e della gravità degli effetti che ne conseguono sia sul piano personale della salute e della qualità della vita del singolo lavoratore, sia su quello collettivo-aziendale dal punto di vista della produttività delle aziende e quindi anche della loro competitività sul mercato.

E’ stato così che il nostro legislatore ha espressamente previsto, all’art. 28 comma 1 D.Lgs. 81/08, che il datore di lavoro nel predisporre il documento di valutazione dei rischi deve prendere in considerazione “tutti rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato”.

Ciò è del resto coerente con la nozione di salute fatta propria dal TU che è più ampia rispetto a quella, per così dire, tradizionale; infatti la salute viene definita oggi come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o infermità” (v. art. 2, 1° comma, lett. o)).

Premesso tutto ciò, però, in concreto, come deve essere operata la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato? Tecnicamente quali sono i parametri da adottare?
La legge nulla dice sul punto, a parte il fatto che deve essere fatta “secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre
2004 e nel rispetto delle indicazioni elaborate sul punto dalla “Commissione consultiva permanente per la salute sicurezza sul lavoro” (costituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale).

Detta Commissione si è finalmente pronunciata in merito il 18 novembre 2010, stilando la circolare n. 23692 con la quale sono state approvate le indicazioni per la valutazione dello stress lavoro correlato.

La circolare, in sostanza, indica il percorso metodologico da seguire che ricalca le principali linee guida già predisposte dalle regioni e dalle ASL.

E’, infatti, necessario effettuare una valutazione preliminare, con riferimento a tutti i lavoratori e, se questa evidenzia rischi oggettivi o indicatori specifici, una seconda ed eventuale valutazione, finalizzata all’attivazione di misure correttive.

I dati da considerare per la valutazione preliminare sono: eventi sentinella; fattori legati all’ambiente di lavoro e fattori legati al contesto lavorativo.

I dati emersi dovranno poi essere riportati nel Documento di Valutazione del Rischio (DVR).

Un elemento inatteso contenuto nella circolare riguarda i tempi di attuazione dell’obbligo di valutazione dei rischi.

Viene, infatti, chiarito che la scadenza del 31 dicembre deve essere intesa come data di avvio dell’attività di valutazione ( e non data entro cui effettuare la valutazione) secondo le suddette indicazioni metodologiche.

Questo elemento, di fatto, si traduce in proroga sine die dell’obbligo di valutazione del rischio stress lavoro correlato.